sabato 21 dicembre 2013

La commercializzazione dei valori?

Nell'era della globalizzazione e del neo-liberismo in cui tutto ha un prezzo e non vige alcuna regola di mercato atta a controllare, il grande mostro della commercializzazione tende ad assorbire la totalità delle cose etichettando ogni sensazione umana con un simbolo($,€). Il Natale che ci apprendiamo a festeggiare è una grande macchina da buisness in cui sentimenti, emozioni , attenzioni si fondono in un oggetto materiale a cui attribuirci un valore. A voi piace? A me sinceramente no. Le festività natalizie , teoricamente, dovrebbero essere occasione per riunirsi nel candore domestico e vivere la famiglia più completamente di quanto solitamente facciamo, impegnati per lavoro o studio. Il vero dono è vivere e respirare un'aria diversa ma sfortunatamente i messaggi che passano sono altri e allora sopraggiungono le preoccupazioni per il regalo da fare all'amico o alla fidanzata ecc ecc...stando particolarmente attenti se l'oggetto in questione è griffato o meno...Provo tanta tristezza e vivo questi giorni come una specie di extraterrestre che ogni anno si ritrova a rifare la medesima considerazione condita dalla difficoltà nell'accettare tutto questo. Oltre al discorso dei regali e del Natale consumistico un'altra cosa che che oggettivamente mi ha tediato nell'ultimo periodo è la commercializzazione rispetto ad eventi tragici o rivendicazioni di minoranze. Nel primo caso si è assistito ad uno spettacolo orrendo in cui ormai la "Morte in Diretta" è un programma all'ordine del giorno come se parlassimo di un varietà. Le riprese dell'incidente che ha visto coinvolto tragicamente l'attore Paul Walker o le foto facebookiane sul decesso di Doriano Romboni nel corso della gara di beneficienza di Latina ( "beneficienza"...poi...anche lì ci sarebbe da scrivere...) sono un classico esempio di come i moderni strumenti di comunicazione abbiano ormai fagocitato ogni senso di rispetto umano. Il continuo aggiornamento di info che riceviamo, come parlassimo dei bombardamenti in stile seconda guerra mondiale, non fa che creare dei modelli di spettacolo tanto macabri ma dannatamente ricorrenti.  Nel secondo caso, sono decisamente infastidito dalle rappresentazioni in stile "impressionismo del 21esimo secolo" da parte chi è omosessuale. Vediamo di fare chiarezza, esiste , soprattutto in Italia, una problematica legata ad una mentalità decisamente chiusa di cui anche e soprattutto la Chiesa è responsabile, tuttavia io non ho mai condiviso che per far si che la propria diversità venga accettata si debba , passatemi il termine, "iperbolizzare" (enfatizzare) la propria discontinuità. A mio avviso una persona gay non è assolutamente diversa da me nel senso che siamo tutti , a nostro modo, diversi per passioni, carattere ed emozioni. Di conseguenza tutti dovremmo, a mio parere, fonderci nella nostre diversità senza necessariamente far apparire ciò che ci rende "differenti" come qualcosa di più spettacolare rispetto ad altri in quanto ciò porta ad un aumento del gap e non ad una diminuizione. Ai tempi di Oscar Wilde, egli fu imprigionato perchè concepiva l'amore per un altro uomo e ciò era visto come atto di eresia e di disgusto. Ora ci troviamo in un contesto nel quale se qualcuno si azzarda a criticare o a sostenere delle posizioni non concordi con i fautori di gay-pride ecc ecc..è visto alla stregua dei giudici che condannarono lo scrittore inglese. Una persona è un microcosmo con caratteristiche esclusive e al tempo stesso mutevoli e accettarle e farle accettare è un processo fortemente dipendente dalle proprie qualità e determinazione che tuttavia non giustifica che il proprio io debba essere "più importante o spettacolare" dell'altro. Quindi chi vuol capire, capisca!